Monte Salarol e Col dell'Orso


Sabato 19/05/2012 da solo

Tempo salita      : ore 3,30
Percorso intero:  ore 6,00
Dislivello salita: m.500
Impegno             : EE pendio erboso da risalire senza tracce ma con destinazione evidente
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 51


Il Pian de la Bala (Pian dea Baea) in Val Vecchia è il punto ideale nel massiccio del Grappa, dove iniziare l’avvicinamento alla catena dei Solaroli. Una lunga dorsale che dalla Cima stessa del Grappa si sviluppa a nord-est attraversandoli e prosegue poi con meno regolarità anche fino al Tomatico. Un tratto fondamentale dell’Alta Via degli Eroi, che porta l’escursionista alla conoscenza dei luoghi dove si svolsero alcune delle più cruente battaglie della Prima Guerra Mondiale. Proviamo uno stato d’animo altalenante, confusi, vedendo le trincee semisepolte in continuo contrasto con la bellezza di questi posti, anche perché cerchiamo d’immaginare cosa è stato, avendo letto qualche libro. Sicuramente un macereto, tutte le postazioni sono state tambureggiate a lungo da entrambe le artiglierie, quando le truppe nemiche a fasi alterne se ne sono impossessate. Le hanno rivoltate, come hanno devastato la sottostante Val de le Mure: assoluta via di transito di uomini e rifornimenti italiani alle prime linee. Il dominio di queste creste è stato sempre incerto e conteso. Tutta la linea che corre fino allo Spinoncia e al Tomba è stata teatro di ripetuti attacchi e contrattacchi di entrambi gli schieramenti, conclusisi il più delle volte in furiosi corpo a corpo. Qui ha combattuto anche un battaglione tedesco comandato dal futuro Generale Erwin Rommel (allora tenente). Con le sue innovative tattiche di guerra, non è riuscito a forzare la resistenza degli Alpini e ha dovuto anche lui bloccarsi davanti a questa fortezza inespugnabile. Ricordo molti anni fa, bambino, per la prima volta sul Grappa, m’incamminavo incuriosito lungo la mulattiera dove i cannoni puntavano ancora la Val de le Mure e il Piave, il cosiddetto Sentiero sbocco cannoni. Come spesso accade le nuvole salivano i pendii ostacolando la vista e dopo aver visitato il museo di guerra, con le baionette, le mazze ferrate e gli elmetti dalla curiosa punta acuminata, probabilmente per le cariche a testa bassa, ero suggestionato al punto di vederli apparire tra le nebbie e arrancare verso di me con il pugnale tra i denti. A distanza di trent’anni, mi ritrovo qui ora a passeggiare in mezzo ai fantasmi.

Percorso:
lasciamo l’auto al Pian de la Bala (m 1380), arrivando possibilmente da Pederobba, sulla strada che sale il Monfenera fino al Tomba e poi alle Malghe. Venti chilometri stupendi, per bosco ed in costa sempre più panoramica, scollinando dopo Cima della Mandria, entrando così nel cuore della montagna. La spalla orientale del Monte Boccaor s’incunea sulla Val delle Mure restringendola sensibilmente. Proprio in questo punto cercavano di passare i rincalzi ed i rifornimenti italiani alle linee superiori dei Solaroli. Appena dopo si apre il Pian de la Bala e la Val Vecchia che discende direttamente dalla cima del Grappa. Merita il viaggio, anche solo per venirci a passeggiare. In marcia dunque, prendiamo la stradina bianca che risale dolcemente la Val Vecchia e conclude alla Malga omonima. Chiusa al traffico da una sbarra e più avanti a fondo cementato, compie un lungo tornante a sinistra passando poi alle spalle degli edifici pericolanti che notiamo più in alto (Casone Val di Melìn, m 1467). Giusto qui l’abbandoniamo seguendo una traccia che parte sulla destra. Non vi sono indicazioni, ma punta inequivocabilmente e velocemente la forcella soprastante chiamata Croce dei Lèbi (m 1571, ore 0,30). Ora possiamo guardare in più direzioni, siamo infatti sulla linea di cresta che porta ai Solaroli e non ci resta che assecondare il sentiero 156 che la percorre (abbondante segnaletica, anche tratto dell’Alta Via degli Eroi). Aggiriamo a sud i primi risalti, comunque raggiungibili. Il terreno è facile ed affascinante, massi e pini lo impreziosiscono ulteriormente, le opere di guerra incuriosiscono. Ci abbassiamo di qualche metro, seguendo dei paletti rossi, fino ad un caposaldo italiano risistemato. Ritornati sui nostri passi, Arriviamo presto alla deviazione per la Malga Vàlpore di Cima, la notiamo appena in basso dominare la Val dei Lèbi e la raggiungiamo in dieci minuti lungo il pendio marcato ancora di paletti rossi. Ci troviamo in un antico catino glaciale, la struttura serve a ricovero per l’escursionista e punto d’appoggio ai pastori durante i loro spostamenti (m 1457, ore 1,10). Un cartello indica per il Bivacco Murelón. Sentiero bello e poco faticoso che corre in piano lungo il versante occidentale del Col dell’Orso, qualche segnavia azzurro sulle pietre. Passiamo una posa d’acqua recuperata dai cacciatori di Serén e tre fasce boscose curiosamente sradicate dalle valanghe. Oltre uno scalino avvistiamo il Bivacco e lo raggiungiamo agevolmente (m 1483, ore 2,30). Sempre aperto, stupendamente ristrutturato e arredato, offre ben più di quanto possiamo pretendere, davvero un bel posto. Ora dobbiamo riguadagnare la dorsale. La vediamo centocinquanta metri in alto, al di là di una macchia d’alberi che andiamo ad aggirare. Non esiste ancora una pista tracciata vera e propria, tuttavia il percorso è evidente. Si tratta solo di intuire la traiettoria meno faticosa. Alle spalle dell’edificio, in effetti, partono delle tracce, ma si confondono presto sul terreno scalinato soprastante. Sopra gli alberi possiamo spostarci a destra sul pendio aperto, oppure insistere sul crinale solcato da una trincea che ci accompagna perpendicolarmente sulla cresta ventilata. Pensiamo agli Schützen e agli Jäger che l’hanno salita correndo bersagliati dalle pallottole. (30 minuti circa dal Bivacco Murelón). Siamo sbucati sul filo che collega il Col dell’Orso alla prima quota dei Solaroli e la linea delle trincee sembra cucire come una cerniera i due versanti della catena. Proseguiamo ancora sul 156 verso il Monte Salarol. Delle buche profonde compaiono davanti pericolose e subdole, mentre camminiamo con gli occhi alla pianura. Se la giornata è limpida, si capisce l’importanza strategica di questa montagna: era veramente l’ultimo vantaggioso baluardo che la natura metteva a disposizione dell’Esercito Italiano per fermare il nemico. Cadorna ebbe un’illuminazione, quando a suo tempo ne ordinò la fortificazione. Contribuì a rallentare prima e fermare poi definitivamente l’invasione, dopo Caporetto. Ora la dorsale è più rocciosa e tormentata, il versante che guarda la Val Stizzon diventa impraticabile, qui la vegetazione cresce a fatica e copre a fatica. Finalmente la croce del Monte Salarol, la fluidità del percorso s’interrompe, qui gli scontri sono stati estremamente cruenti. Ricordo una foto in particolare, immortalava un tappeto di cadaveri fin sotto le pendici del Valderóa: il cocuzzolo che sta giusto davanti a noi. Scatto a mia volta con la stessa prospettiva la stessa inquadratura, l’erba che ondeggia al sole nasconde il passato a chi non lo conosce (m 1670, ore 3,30 dalla macchina). Dal diario del Tenente Italo Balbo (Comandante Plotone Assaltatori) del Battaglione Alpini “Pieve di Cadore”:
  • La Selletta del Valderóa era l’inferno per i nostri Alpini, i reparti del “Val Toce”furono arrestati e quasi annientati dalle mitragliatrici nemiche-. E ancora, da una lettera del Sottotenente Luigi Mira del Battaglione “Monte Antelao”:
  • Ci sono, lì intorno, dei mucchi di morti buttati nel fango o accatastati come la legna: uno strato per lungo e uno per traverso. Ogni tanto dal posto di medicazione, i portaferiti ne portano fuori qualche altro che aggiungono al mucchio.

    Tempo totale andata ore 3,30.
    Dislivello salita m 500.



    Discesa:
    avviene seguendo a ritroso il sentiero 156 fino alla Croce dei Lèbi, per poi calare velocemente al Pian de la Bala. Transitiamo sulla cima del Col dell’Orso (m 1679, paletto), la cui spalla occidentale discende in Val delle Mure, anche questa incisa dai solchi delle trincee. Proseguiamo incontro al Monte Casonét (m 1614, piccola croce avvolta dal reticolato) che si può anche aggirare a sinistra, poi lungamente oltrepassiamo la possibile deviazione alla Malga Vàlpore di Cima, la possibile discesa da quest’altra parte all’agriturismo Mure, risaliamo con fatica alla Croce dei Lèbi e la seguente e finale calata alla macchina (ore 2,30 dalla cima del Monte Salarol).