LE CIME




Martedì 12/07/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 4,15
ore 7,15
m. 1430
Tabacco foglio 22
EE 1° sotto la cima


Sito dolomitico di cui vanno fieri i bellunesi e tutto il popolo degli amanti della montagna. Conosciuto e descritto fin sui primi libri escursionistici è giusto riproporlo ancora una volta, perché lo merita e non ha subito i disastrosi cambiamenti per opera dell’uomo, che hanno invece caratterizzato altri analoghi piccoli paradisi. Magari lo raggiungiamo lungo i massacranti e selvaggi itinerari del Boràl della Besàusega, o il Viàz drio la Spala, o perché no, ancora per la normale salita da Pradimezzo, che richiede pur sempre un impegno fisico notevole. Dislivello e ripidezza implacabili, danno infine accesso ad uno dei più bei terrazzamenti sopraelevati dell’intero arco alpino. Siamo sopra la Prima Pala di San Lucano, dove è stato eretto nel 1977 e spicca con il suo arancione vivo, l’inusuale e bello Bivacco Margherita Bedin. La breve scalata a Le Cime si dimostra quasi superflua a questo punto, tanto è il desiderio di passeggiare in lungo e in largo sui prati fioriti che lo circondano. Ma lo scorcio finale che andremo a fotografare, completerà il puzzle di una giornata davvero speciale

Percorso:avvicinando il Comune di Cencenighe Agordino, troviamo la laterale che sale per circa un chilometro, incontro alla piccola Frazione di Pradimezzo. Abbarbicato sui docili pendii soleggiati, segue a distanza lo scorrere del tempo e dall’alto il flusso automobilistico giù nella vallata, con tutto lo stress che l’accompagna. Labile emarginazione che sicuramente invidiamo, ma che comporta inevitabilmente rinunce e sacrifici. Sono scelte di vita coraggiose per i giovani che rimangono e accettano un futuro che ancora non promette cambiamenti significativi. Rimanere ancorati alle proprie montagne e alle proprie origini, non dev’essere solo un dovere e una pacata accettazione della propria realtà, bensì una prova d’orgoglio e di carattere. Dimostrare a chi di dovere, che questa terra è loro innanzi tutto e poi delle istituzioni speculative che li ignorano e aspettano il turista a braccia aperte. Il turista si sente accolto bene, quando chi lo ospita sta bene e finché non capiremo questo, non riusciremo mai a coinvolgere le nuove generazioni montane. Comunque sia lasciamo l’auto sull’unico spazio disponibile, presso l’ultimo tornante prima del paese (m 870). Più avanti la strada muore tra le case e il parcheggio finale è solo per i residenti. Tra le case, troviamo le indicazioni che cerchiamo sopra una fontana datata. Indirizzano sotto un portico e proseguono poi lungo la stradicciuola inizialmente lastricata, per qualche centinaio di metri (sentiero 764). Sulla destra ora, cominciamo a salire tosti la scarpata, che s’allinea ben presto alla Valle del Tòrcol. Usciamo dal cupo del bosco, solo in prossimità della frana, causata dall’alluvione del lontano 1966 e che coinvolse pure questa fetta di montagna. Tra i massi, avviciniamo un intaglio sulle pareti, sovrastato da un ponticello che andiamo presto ad attraversare. Il Ru del Tòrcol percorre tutto il fondo della Valle omonima e avremo ancora modo d’incrociarlo, nel corso della salita. Tagliamo i fianchi ripidi che guardano la vallata di Cencenighe, segue una piana incisa da un piccolo corso d’acqua e alberi sradicati, che anticipano l’arrivo alla Malga del Tòrcol (m 1382, ore 1,15). Emerge da un mare di felci, che attraversiamo frettolosamente fino al margine opposto, ripartendo poi dentro il bosco e sempre su buona traccia. Con fatica ci spingiamo sempre più all’interno della valle, passando anche sull’altro versante appena sopra una cascata, là dove il Ru del Tòrcol è costretto ad una ripida discesa. Risalito anche questo pendio, sbuchiamo infine sui verdi pascoli di Casera d’Ambrusógn (m 1700, ore 2,00). La sosta sulle panche è obbligatoria. Solo il rumore delle acque rompe un silenzio e una pace assoluta e va contemplato come una sinfonia da camera. Da qui verrebbe voglia e si potrebbe deviare alla Casera Prademùr, come alla Forcella di Gardés (indicazioni), se non avessimo già in mente un nostro piano, o se al ritorno avanzassimo le forze per poterlo fare. Posti che lasciano il segno e che con fatica abbandoniamo, per buona traccia (ora sentiero 765), che ha inizio proprio sul fianco della stalla. Rimontiamo il costone e un bosco arieggiato, giungendo ai piedi di un canalone devastato dalle slavine. Lo dobbiamo salire tutto fino alla Forcella della Besàusega. Subito a sinistra, guadagniamo in quota con innumerevoli zig-zag, appoggiandoci quasi alle rocce. Il sentiero diventa ghiaioso ed oltrepassa l’ultima fascia alberata. Gradualmente arriviamo a dominare le montagne circostanti e la Forcella stessa, che si mantiene più bassa, rispetto alla nostra linea di marcia. La passiamo più alti a sinistra infatti, superando una rampa franosa e fermandoci sull’immediato balcone panoramico erboso (ore 3,15). Spettrale veduta sul Boràl della Besàusega. La lontana Valle di San Lucano rimane confusa tra le nebbie e le nuvole e le pareti vi sprofondano per più di 1500 metri. A sinistra, pianeggiando, andiamo ad aggirare queste fiancate poderose (attenzione con neve e ghiaccio). Lo sguardo cade ancora sulle muraglie della Seconda Pala di San Lucano, ci sentiamo piccoli e insignificanti. Un paio di lunghe rientranze ritardano l’atteso arrivo sul sommo della Prima Pala, dove, scartate le ultime zolle fiorite, compare finalmente la sagoma arancione del Bivacco Margherita Bedin (m 2210, ore 3,50). Piccolo e compatto nel suo interno, incuriosisce la forma, ma è accogliente come pochi altri. Puntiamo direttamente l’innalzamento roccioso chiamato Le Cime, che sta alle spalle del bivacco. Piuttosto sulla destra (versante Civetta), dove questo scende con una spalla erbosa accessibile. Passiamo un omino poi solo vaghe tracce e gradini sull’erba. La breve progressione appare comunque facilmente intuibile, solo uno strappo sulle rocce, richiede un minimo d’attenzione (1°) e si raggiunge così la cresta e l’omino finale (m 2296, ore 4,15 dalla macchina). Bella veduta sul ripiano sottostante cosparso di massi, dov’è ancorato il bivacco, certo la stagione dev’essere quella giusta, ma poche volte capita di trovare una fioritura così abbondante ed assortita.

Tempo totale salita ore 4,15.
Dislivello salita m 1430.


Ritorno:Lungo la via di salita.








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