CIMA DEI VIÀI




Sabato 19/11/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,20
ore 5,05
m. 900
Tabacco foglio 15
E senso dell’orientamento


Sono le montagne sacrificate ai comprensori sciistici. Come il vicino Col dei Baldi, il Monte della Grava, il Serauta, il Col Margherita, il Monte Pradazzo. Con i ripetitori piazzati in cresta si sobbarcano lo sfogo della modernità attuale, lasciando però libere le montagne circostanti. Smantellamenti giustificati per portare del benessere alle valli? Problemi che spaccano in due chi vi abita: da una parte albergatori, benzinai, baristi vedono aumentare i propri introiti, come tutti quelli che portano avanti qualche esercizio di vendita, mentre gli altri vedono solo rincarare i prezzi della vita e le proprie strade imbottigliate dal traffico. Questo senza tirare in ballo il degrado delle montagne, che sta a cuore a quanti amano l’ambiente montano e la natura in genere. Purtroppo la richiesta è tale da spingere a nuovi considerevoli investimenti sugli impianti di risalita e le piste di collegamento. Progetti che si ripresentano sempre più ambiziosi, puntano ad allargare le aree interessate, pendono come una spada di Damocle sopra le Dolomiti bellunesi. Il versante occidentale del Fernazza è integro e merita la curiosità dell’escursionista. Solo oltre l’ultimo scollinamento, ormai a due passi dalla Cima dei Viài, notiamo le “migliorie”apportate dall’uomo. Ecco perché fra le diverse possibilità di salita optiamo forse per la più lunga e faticosa. Un bosco curato che custodisce gli edifici e i ricordi di un tempo e lascia ammirare tutt’attorno le montagne più belle del mondo.

Percorso:
oltre l’abitato di Alleghe, deviamo dalla strada principale che porta a Caprile, incontro alle minuscole frazioni di Tos e Lagusello dove parcheggiamo la macchina (m 1238, un paio di chilometri dallo svincolo). A piedi, proseguiamo lungo il tornante che in cinque minuti porta alle case di Pian (m 1269, solo parcheggi privati). Qui inizia il nostro percorso, prima di entrarvi, una stradina bianca s’arrampica a sinistra nel bosco soprastante ed è vietata ai mezzi motorizzati. Abbiamo presto modo d’imbatterci in un abete rosso (il pez, in dialetto bellunese) vecchio di 400 anni, ma ancora in forma smagliante e poco avanti il Tabià di Val. La stradina terrosa (sent. 566) prende la direzione del Monte Fernazza, a tratti assai ripida e curiosamente rialzata dal terreno circostante. Qualche raro e sbiaditissimo segnavia sugli alberi. Arriviamo ad un bivio che andrebbe sicuramente provvisto di segnaletica: il sentiero566 piega decisamente a sinistra e lo seguiremo nella discesa, noi andiamo dritti attraversando una zona di bosco curata con il taglio del vecchio e del superfluo e il legname accatastato sulle parti. Avviciniamo le rocce stratificate, assecondandone il profilo della base. Passiamo un paio di rientranze dove il sentiero cedevole richiede della manodopera (Madonnina posta sotto un tetto spiovente) e abbassandoci appena giungiamo ad uno svincolo segnalato dai cartelli. Attenzione perché sono posti al lato ed è facile che sfuggano alla vista di chi viaggia veloce e scenderebbe inevitabilmente alla frazione di Piniè. Girando a sinistra invece, saltiamo uno scolo d’acqua e panoramicamente arriviamo a visitare la vecchia borgata di Fernazza (m 1568, ore 2,00). Qualche edificio è ben ristrutturato, mentre gli altri ruderi attorno raccontano gli anni della povertà e della fatica, impossibile non fermarsi a curiosare. Seguendo i segnavia e le altre indicazioni partiamo per la cima. Da una fontanella ci alziamo ancora tra i pini, guadagnando quota rapidamente sul fianco del Col Davagnin. Una traccia viene a congiungersi al nostro battutissimo sentiero, che percorre un valloncello e con un largo tornante s’affaccia sulla radura occupata da un paio di fienili. Risalito il prato finalmente la sella dove convergono le varie direttrici di salita, compreso il breve allungo sulla cima dello stesso Col Davagnin (ore 2,50, cartelli). Seguiamo il crinale erboso ripidissimo sbucando sui vasti ripiani prativi che caratterizzano questa montagna. Vediamo pure i ripetitori, che indicano senza possibilità di errore (purtroppo) la Cima dei Viài. Allunghiamo il collo sui monti circostanti, attraversiamo le distese erbose che ad un certo punto scollinano, mostrandoci il lato malato del Fernazza. In breve siamo sul punto più alto dove, tra le cose futili, troviamo anche una panchina per riposare (m 2101, ore 3,20). Veduta inconsueta del gruppo della Marmolada, inevitabilmente in controluce il Civetta, con la parete delle pareti.

Tempo totale salita ore 3,20.
Dislivello salita m 900.


Ritorno:torniamo piacevolmente alla sella tra il Col Davagnin e la stessa Fernazza e seguiamo le indicazioni per Pian, Lagusello e Caprile (sent. 566). Di nuovo nel bosco quindi, andiamo a tagliare il versante occidentale, questa volta in senso opposto fino in località Tabià di Forcella e abbiamo un buon motivo per sostare (m 1840, ore 0,45 dalla cima). Il tempo mette in ginocchio le antiche dimore dell’uomo, qui converge pure il sentiero 569 che sale dalla Val Fiorentina. Noi proseguiamo la discesa sul 566, che per pochi metri s’appoggia anche alle rocce esposte. La pendenza aumenta, il solco sassoso diventa stradina e si affaccia più volte sul Monte Pore, prima di sbucare sulla strada bianca percorsa all’andata (il bivio che andrebbe provvisto di segnaletica). A destra passiamo il Tabià di Val e concludiamo alla macchina (ore 1,45).