Cima di Pape


29 settembre 2001 da solo

Tempo salita      : ore 3,20
Percorso intero:  ore 6,30
Dislivello salita: m. 1.320
Impegno             : EE 1° breve ma pericoloso con l’erba bagnata
Carta 1/25.000 : Tabacco foglio 22


Case costruite sui ripidi versanti del Cordevole, piuttosto in alto, probabilmente per meglio raggiungere i prati da falciare e le malghe dove governare le bestie. Il loro destino è segnato dal tempo che passa. Chiusi dentro quelle mura, mestieri tramandati nei secoli, usi e costumi che svaniscono con i racconti dei nonni. Cosa rimane ai posteri: una seconda casa per i fine settimana, forse, sempre che non si arrivi fin qui con nuove pericolose proposte turistiche. Una lunga ascesa ai vecchi alpeggi di Casera Rudelefin Alto e a quel piccolo paradiso racchiuso sotto i Lastèi di Pape, il Monte Prademùr e la Cima di Pape stessa. Avremo modo e tempo di guardare dentro di noi e una montagna che tanto ha dato in passato al sostentamento dell’uomo. Una vita sacrificata certo, sicuramente faticosa, ma che oggi anche a causa della crisi attuale, forse riconsideriamo. Saliremo fino in cima perché è là che vogliamo arrivare, anche per salutare una persona cara che non c’è più.


Percorso:
a Cencenighe, nei pressi del ponte, una laterale porta a salire la saga dei tornanti fino alle frazioni di Martìn e Bogo, dove si parcheggia (m 1194, quattro chilometri dallo svincolo). La si percorre in apnea tanto è stretta, sperando di non incrociare veicoli che scendono a valle, ma sono poche le persone che vi abitano e sono posti incantevoli che sanno ancora di montagna e libertà. Poco sopra il paese, in cinque minuti si raggiunge e si attraversa l’abitato disabitato di Chiòit, dove una fontanella datata 1875 invita a una prima sosta e a tirar fuori dallo zaino la macchina fotografica. I proprietari di queste vecchie case si tirano su le maniche per rimetterle a posto e tenere in ordine anche i prati circostanti, ora che è stato finanziato il recupero della “Strada silvo–pastorale Chiòit-Campedèl”. Tra i muretti di sassi raggiungiamo lo spiazzo soprastante, infatti, dove questa ha inizio. Ci s’infila nel bosco (stradina 759), ignorando poco più avanti la scorciatoia a destra per la stessa Casera Campedèl (sent. 757), che usufruiremo al ritorno. Dopo alcuni tornanti, dei cartelli invitano finalmente ad abbandonare la rotabile, troppo comoda e monotona, per una traccia ben battuta e segnata che allunga in direzione della nostra meta. S’intravedono lontane le case di Bogo e la macchina parcheggiata al sole. Per cengia erbosa attraversiamo un tratto impervio, guadagnando un poggio dove permangono travi e lamiere di un vecchio ricovero. Altro svincolo a destra per Campedèl e la vicina Casera Mandrìz, all’occorrenza buona per ripararsi dalla pioggia. Manteniamo però la traccia che va a tagliare in costa sopra la Val di Chioit e la seguente Val Grande (sent. 760). Un lungo tratto tormentato dalle slavine e dalle abbondanti nevicate della stagione invernale 2013-2014. Gli “Amici delle Dolomiti” non stanno ad aspettare aiuti economici e si danno da fare con pala e piccone, dove il sentiero è sepolto dalle frane. L’età media degli stessi è una tirata d’orecchi alle nuove generazioni, che si dimostrano insensibili alle ferite della propria terra. Rimontiamo ora il Col del Pez con più tranquillità, anche se la fatica comincia a farsi sentire. Deviamo verso sinistra, rientrando sul sentiero 759 e uscendo progressivamente dagli alberi. Assecondiamo i pendii fioriti, mettendo piede sui vecchi alpeggi di Casera Rudelefin Alto. Curiose le formazioni rocciose che stiamo aggirando. S’addolcisce il paesaggio, giriamo la testa increduli ammirando i colori delle rocce e passiamo disinteressati i resti della Casera (m 2104, ore 2,30). Appena sopra ancora meglio: ci si addentra in un catino erboso cosparso di massi scuri impreziositi da licheni, la montagna che cerchiamo. A nord, la Cima di Pape appare ingannevolmente facile, appoggiata sui docili pendii erbosi che andiamo ad attaccare. Si nota un paletto, poco distante, dove la traccia parte decisa verso l’alto. Ne seguono altri e indirizzano l’escursionista incontro alle prime formazioni rocciose. Una breve lastra grigia ci sbarra la strada e impone una scelta: attraversarla subito a sinistra con prudenza, per la ripidezza in quel frangente e la sospetta tenuta degli appigli, oppure aggirarla sulla destra sfruttando degli scalini erbosi e convergendo poi più alti a sinistra verso la traccia che riprende. Sono due movimenti delicati di 1°, se l’erba è bagnata rinunciate ad entrambi. Saliamo quindi in capo a un roccione e ne seguiamo lo sviluppo verso l’alto. Un successivo canalino tra le gobbe ancora erbose, fino al filo di cresta che accompagna poi allo svincolo per l’anticima e la cima stessa. L’effigie di Papa Giovanni Paolo 1° piega sopra la valle che l’ha visto crescere. L’ultimo papa di nazionalità italiana, il cui pontificato è stato tra i più brevi nella storia della Chiesa cattolica. Veglia sulla nostra persona, ora che nuvole fuggevoli infastidiscono la discesa a valle (Cima di Pape m 2503, ore 3,30).

Tempo totale salita ore 3,30.
Dislivello salita m 1320.


Discesa:lungo la via di salita in ore 2,30. Consigliamo però un rientro più solare e appagante che allarga un po’ il giro ma ci fa conoscere i prati ed i boschi di Campìgol. Raggiunto il primo bivio sul Col del Pez, prendiamo il 759 a sinistra e puntiamo a nord quei prati e quei fienili che vediamo ancora distanti. Più filante del 760 che taglia in basso gli stessi pendii, è comunque coinvolto parzialmente dalle medesime slavine. In località “La Busa” (m1875), edifici ristrutturati e cadenti poggiano sopra un terrazzo fortunato, la sosta è piacevole sulle panche che guardano il Pelsa. Poco avanti la possibilità di scendere verso Casera Mandrìz e ricollegarsi al sentiero fatto in salita, noi però tiriamo dritti guadagnando i piani erbosi di Campedèl. Vecchi alpeggi anche questi, si conservano bene per la mancanza di strade che vi accedono, e la manodopera non deve essere facile. Gli ex fienili sono diventati seconde case, che danno ai loro proprietari momenti spensierati e sicuramente anche un gran da fare. Scolliniamo oltre il Col dei Bòi e seguendo le indicazioni (sent. 758), caliamo dentro il bosco incontro alla Casera di Campedèl (m 1818). Un materasso di fiori colorati. Molto bella la veduta sul gruppo della Marmolada. Discesa finale tra i pini, lungo il sentiero 757, che parte in più direzioni diverse e parallele creando un attimo di confusione. Convergono poco avanti per fortuna, tranquillizzando l’escursionista ormai stanco. Alla “Busa dei Termen”seguiamo a destra le indicazioni per Cencenighe, finendo sulla strada sterrata Chiòit-Campedèl e Bogo (ore 3,00 dalla Cima di Pape).