MONTE PÈNA




Sabato 08/11/2008 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 2,40
ore 5,25
m. 606
Tabacco foglio 25
E via di salita non sempre evidente


Un brufolo del Pelmo. Il Monte Pèna non vuol competere in altezza con il gigante e non si sogna neppure di eguagliarne il suo panorama universale. Ma salendolo soli, fuori stagione, avremo forse l’illusione di quei passi liberi che non troviamo più altrove. Quel pizzico d’avventura che nemmeno la via normale al Pelmo riesce più a regalare, se perfino sulla “Cengia di Baal” qualcuno di corsa insiste per volerci sorpassare. Allora ci si chiede se non sia il caso di trovare nuove escursioni e nuovi traguardi dove gustare ancora la montagna dei nostri avi.

Percorso: raggiunto l’abitato di Zoppè di Cadore (nove chilometri da Forno di Zoldo), passiamo la strettoia del municipio svoltando a destra il bivio seguente. Lasciamo indietro le ultime case alte, lasciamo indietro anche la piazzola dell’elicottero e andiamo a parcheggiare al fianco di un tornante (Bivio le Fraine m 1590, un chilometro e mezzo dopo il paese), dove ha inizio la “Strada del Lizon”, anche sentiero 493. Un crocefisso, una panca e una bacheca, bel posto per lasciare l’auto anche se preoccupa l’avviso delle autorità locali sul rischio di scasso e furti. C’incamminiamo per la strada bianca lastricata in alcuni punti e decorata dagli aghi di pino. Chiusa saggiamente al traffico è stata oggetto nel 2001 d’interventi di recupero, assieme ad altre mulattiere della zona, cadute in disuso dopo il proliferare delle fabbriche e il conseguente abbandono della vita agricola in montagna. Ben presto, in prossimità di un secco tornante, convoglia sulla destra quel sentiero che ci darà poi modo di chiudere il giro attorno al Monte Pèna. Proseguiamo piacevolmente dentro un bosco di conifere che si va aprendo nei pressi del Tabià Belvedere (m 1752) e permette una prima consultazione sulle montagne che ci stanno attorno. Sfiliamo altri vecchi edifici e compare tra i rami, passo dopo passo, l’imponente mole del Pelmo. Lo troviamo infine davanti senza più ostacoli visivi e riempie tutto il cielo. Naturale una prima sosta sulla panca affacciata al “Trono di Dio” (fino a qui ore 0,50). Qui arriva anche il sentiero 471che sale da Sagui. La strada, rinforzata in un punto franoso, prosegue ora verso nord, con il nuovo segnavia 471. Tiriamo dritti ad un bivio incontro alla nostra meta, evitando di scendere alla Casèra di Rutorto. Scavalcando l’ennesimo scolo d’acqua, avviciniamo ormai il lungo costone del Pèna, che cala ad occidente, incontro allo stesso Passo di Rutorto. Senza raggiungerlo però, prendiamo prima una traccia sulla destra (circa m 1842) che presto si perde tra i vari solchi del prato. Li rimontiamo, là dove ci pare meglio e senza paura di perderci, finiamo inevitabilmente con intersecare il più marcato sentiero che stacca appena dopo il Passo ed avvicina le pendici del Pèna. Posti incantati di vasti tappeti verdi e chiazze mugose. Ci sbarra il cammino una fascia boschiva che preoccupa. Giunti ai piedi di un larice con un segno rosso, infatti, la traccia si rifà confusa. Bisogna allora piegare a sinistra fino ad attraversare un piccolo ristagno d’acqua. Su dall’altra parte, appare chiaro il solco che evita il primo scalino roccioso ed allunga ulteriormente alla base degli alberi. Esiste più di un tracciato che porta in alto, il principale è segnalato con cartelli bianco-rossi. Tuttavia è facile confondere i passaggi giusti con altri lasciati dagli animali. Basta allora ritornare indietro di qualche metro e trovare la via opportuna. Sfruttiamo degli affossamenti e dei corridoi tra i mughi, altrimenti impenetrabili. Una volta fuori montiamo un articolato pendio di rocce scanalate, seguendo gli omini e scoprendone in capo un inaspettato prato pensile che commuove. Lo saliamo sul bordo sinistro, sulle rocce, quasi per non rovinarlo e conquistando in breve l’adiacente cucuzzolo con la croce (m 2196, ore 2,40).

Tempo totale salita ore 2,40.
Dislivello salita m 606.


Ritorno:torniamo sui nostri passi, discendendo la “Viza Vécia” incontro al Pelmo e al sentiero 475. Lo incrociamo poco prima della stazione meteorologica, in vista anche del Rifugio Venezia (ore 1,10 dalla cima del Pèna). Lo assecondiamo a destra per prati e banchi di mughi trovandoci subito alla deviazione per il vicino Col de Fer (m 2019). Si tratta di un risalto poco appariscente che regala tuttavia degli scorci pregevoli sul Cadorino e la sottostante Costa Ciaurina. Andata e ritorno richiedono una trentina di minuti, compresa la sosta sulla cupoletta priva di vegetazione e lungo una traccia tuttosommato neanche tanto faticosa. Agli insaziabili segugi delle Dolomiti, noi invece proseguiamo a destra per il sentiero 475 anche Alta Via n° 3, abbondantemente segnalato. Grandi spazi aperti che andiamo a scendere serenamente. Passiamo i resti di un antico alpeggio e teniamo ancora a destra ad un bivio seguente (ore 1,30 dalla cima del Pèna). Caliamo dentro il bosco ora, intuendo il rumore di un torrente che dobbiamo attraversare (il Ru de Assola). Lungo tratto all’ombra dei pini, sbuchiamo in una radura bucolica incisa da acque sorgive, chiamata Val de le Fontaneles e non vorremmo sentire le fucilate dei cacciatori. Saliamo il lato opposto fino alla sella prativa di “Ciampestrin” (m 1856, ore 2,10), l’Alta Via n° 3 piega a sinistra incontro al Rifugio Talamini, noi andiamo dritti ancora dentro il bosco lungo le “Buse del Serla”, in costante discesa superiamo delle passerelle di tronchi a confluire sulla “Strada del Lizon” che abbiamo percorso all’andata. Dal tornante, la seguiamo a ritroso fino alla macchina (ore 2,45 dalla cima del Pèna).