MONTE PATERNO




Lunedì 08/09/2014 con Fabio
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 2,15
ore 5,15
m. 450
Tabacco foglio 17
EEA via ferrata facile e breve


Cosa scrivere di queste montagne, sono il simbolo delle Dolomiti intere, un qualcosa di grande e unico che dobbiamo vedere almeno una volta nella nostra vita. Ma dobbiamo anche proteggerle, fare in modo che rimangano tali e non solo le tre Cime di Lavaredo ma la stessa Grava Longa con tutti i satelliti che le stanno attorno. Non le hanno demolite con le cannonate, potremmo riuscirci noi ora con mezzi più sottili e subdoli finalizzati al solo scopo di creare introito. Questi luoghi non dovranno mai diventare un parco giochi, ma rimanere spazi liberi dove la natura continua a modellare e anche distruggere le proprie sculture. Siamo piccole formiche privilegiate che passeggiano ai loro piedi e saremo fieri un domani di poterle mostrare ai nostri figli.

Percorso: da Misurina si segue la strada che affianca i parcheggi dei camper ed il punto di partenza dei bus navetta per il Monte Piana. Continuiamo in forte salita incontro al Lago d’Antorno, arrestandoci subito dopo al casello dove ha inizio la strada a pagamento per il Rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo. -Si paga il parcheggio presso il rifugio- afferma il sindaco di Auronzo -e non la strada per arrivarci- e le polemiche proseguono ormai da decenni, tra le stesse autorità ed il resto del mondo. Non ultimi coloro che pretendono di arrivare con l’auto fin sulla cima delle montagne. Questa strada non andava aperta al pubblico, è stato un errore e la soluzione dei bus navetta ci sembra ora la più appropriata, se finalmente riusciamo a mettere da parte l’avidità e le scuse. Le entrate saranno comunque sostanziose e riporteremo questi luoghi unici al mondo in uno stato più naturale. Dal Rifugio Auronzo (m 2330) c’incamminiamo lungo la carrareccia che raggiunge in una ventina di minuti il Rifugio Lavaredo (m 2344). Senza fatica scaldiamo i muscoli delle gambe e riempiamo gli occhi con quello che ci sta attorno. Lo “Spigolo Giallo” che abbiamo sopra la testa, seduce il triestino Emilio Comici nel lontano 1933, che lo sale con Zanutti e Varale firmando una delle più belle e ripetute ascensioni delle Dolomiti. Continuando sulla stradina militare, o per traccia che stacca poco dopo la chiesetta guadagniamo la Forcella Lavaredo, ed è qui che avviene l’effetto ipnotico e paralizzante. Nessuna delle foto che facciamo saprà poi riproporci l’emozione che si prova in quel momento (m 2454, ore 0,40). Le Tre Cime di Lavaredo ci mostrano il loro lato migliore, quello che le ha rese famose. Imponenti, uniche, cerchiamo nel volto delle altre persone presenti, quasi un cenno di consenso e approvazione. Il Monte Paterno è lì davanti e, pur con il suo slancio severo non può che catturare l’attenzione solo di chi si appresta a salirlo. Su per le ghiaie alla nostra destra dunque, lungo il cordone ombelicale che conduce alle prime rocce della Croda Passaporto e qui, all’imbocco di una galleria della guerra, indossiamo il set da ferrata casco compreso. Percorriamo un tracciato della prima Guerra Mondiale scavato dagli Alpini del Genio Zappatori, come testimonia la targa all’ingresso. Breve e scomoda l’uscita della galleria con lo zaino sulle spalle. Assecondiamo una cengia aiutati da un corrimano d’acciaio, svoltando all’interno di un canalone. Scendiamo i tre metri che ci depositano sulle macerie, sempre ancorati al cavo metallico e rimontiamo il muro opposto ritrovando il proseguimento della cengia. Con prudenza visto il vuoto sulla Grava Longa e la mancanza del cavo in diversi tratti. Altra breve galleria e altri camminamenti che conducono alla Forcella Passaporto (m 2530). La netta incisione separa la Croda Passaporto dal Monte Paterno, dando modo così di passare sul versante che guarda il Cadin di Passaporto. Esposizione da brivido, la cengia lavorata corre a sinistra perdendo quota e avvicinando il ghiaione che scende dalla soprastante Forcella del Camoscio. Con qualche svolta sulle macerie e un po’ di fatica rimontiamo il cono che ci separa da questo importante snodo di sentieri (m 2650, ore 1,50) e non mancheranno comitive che attendono in coda il proprio turno per la scalata finale alla cima del Monte Paterno. Per snellire il traffico e per ovvi motivi di sicurezza, sono stati attrezzati sulla breve parete due itinerari distinti: quello a destra per chi sale e quello a sinistra per chi scende. Fatto davvero insolito sulle Dolomiti Bellunesi, dovuto ad un’affluenza davvero incredibile, mai come in questa occasione ho sentito parlare tante lingue diverse. Dalla forcella ci attacchiamo subito al fil di ferro, portandoci con un traverso scomodo in piena parete. Impenniamo lungo il cavo posto per la salita e senza tanti problemi sbuchiamo sul pendio inclinato che porta alla croce. Si procede facilmente camminando fino alla base di un canalino che si supera con due movimenti di 1°, dopo non resta che seguire una delle tante tracce che portano sulla cima del Monte Paterno (m 2744, ore 2,15 dal Rifugio Auronzo).

Tempo totale salita ore 2,15.
Dislivello salita m 450.


Ritorno: torniamo a posare i piedi sulla Forcella del Camoscio e scendiamo la Via ferrata De Luca-Innerkofler lungo il ripugnante versante settentrionale che porta al Rifugio Locatelli. Procedendo con calma ci accorgiamo che non è difficile come appare in un primo momento e solo l’incrocio con le comitive che salgono verso di noi diventa a lungo andare snervante. Entriamo in un canale franoso che termina con un saltino e approfittiamo ancora del cavo metallico per venirne a capo. Evitiamo poi di proseguire dritti seguendo una traccia incerta e caliamo invece di alcuni metri trovando l’ingresso della Galleria di guerra del Monte Paterno. Opera degli Alpini nel lontano 1916-17, scavata con lo scopo di portarsi indisturbati fino alla Forcella di Toblin, quasi a contatto con le prime linee austriache. Il primo tratto aveva inizio dal Cadin di Passaporto, ma fu fatto saltare dagli Italiani prima di abbandonare le posizioni. Sfruttiamo invece quello che rimane ai giorni nostri ed è una grande testimonianza storica dei fatti avvenuti. Ora la torcia è davvero indispensabile per vedere dove mettiamo i piedi e abbassare la testa quando serve. Più avanti scende ripida e compaiono i gradini ben disegnati, oltre al corrimano fissato alla parete. Dopo una fugace uscita al sole dove si apprezzano i lavori di sostentamento del camminamento, passiamo altre gallerie più corte e luminose intervallate da improvvise aperture sulla Grava Longa e sulle Tre Cime. Ai piedi del curioso menhir chiamato “Frankfurter Würstel” già arriva il vociare proveniente dall’ormai vicino e affollato Rifugio Locatelli, tappa fondamentale nella rete di sentieri distribuita intorno. Qui la gente si rigenera salendo il Sasso di Sesto, passeggiando sulle sponde dei laghi o semplicemente seduta sulle panche ad ammirare il paesaggio (m 2405, ore 1,50 dalla cima). Il rientro avviene lungo la trafficata stradina 101 doppiando la Forcella Lavaredo e di seguito alla macchina. Se optiamo per il sentiero che corre alto alla base del Monte Paterno, passeremo innanzi un monumento che ricorda l’incidente aereo accaduto nel 1974, quando un elicottero militare cadde a ridosso delle rocce provocando la morte di chi vi era a bordo. Per l’uno o per l’altro siamo al Rifugio Auronzo in ore 3,00 dalla cima.