COL DI LANA




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Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,00
ore 5,00
m. 830
Tabacco foglio 07
E-EE


Fantastica escursione. Inutile limitare i superlativi in questo caso, il Col di Lana è isolatissimo, panoramicissimo e non teme confronti con un qualsiasi tremila dolomitico. Se a questo è aggiunta la notevole importanza storica, il risultato finale non può che essere di altissimo pregio. Si vuol visitare soprattutto per quello che è stato durante il grande conflitto, dopo averne letto le vicende in qualche libro. Ci si arriva preparati sul “Col di sangue”, lo si conquista anche lungo quel tragico versante sud, poco a poco, come i soldati italiani novanta anni fa. Non con le mine e le bombe a mano, bensì camminandoci incontro, sorpassando siti e manufatti inequivocabili testimonianze di quei tragici momenti. Proviamo a socchiudere gli occhi allora, anche se non abbiamo la capacità di vedere il passato, forse sentiremo ancora i lamenti del monte.

Percorso:sul parcheggio poco prima di Palla (Pieve di Livinallongo m 1676), un cartello invita a percorrere l’anello chiamato “Teriòl Ladìn” con la mappa e le relative quote. Lo seguiamo però parzialmente al ritorno, tenendo ora il sentiero 21 fino alla vetta. La stradina sterrata si fa largo nel bosco, con le classiche scorciatoie che tagliano i lunghi tornanti, il silenzio assoluto è rotto dalle motoseghe lontane dei boscaioli e dalle campane di Pieve. Sul Pian de la Lasta, affianchiamo l’edificio Museo aperto in alta stagione, e una bella radura con una fontana d’acqua freschissima. Camminiamo su un tappeto di pigne, ora ripido, gli alberi finiscono e sfiliamo le prime opere militari del “Panettone” (m 2150) e del successivo “Cappello di Napoleone” (m 2250), conquistati dagli Italiani l’ottobre del 1915. Siamo sul campo di battaglia, presente e passato si fondono in un’unica visione distorta e drammatica. La cima si dimostra imprendibile. Sono poche centinaia di metri di pendio ripido e totalmente scoperto, oltretutto sulla neve abbondante. Proiettili e granate d’ogni calibro la battono costantemente, ma non si riesce a schiodare il nemico. Dopo ben novantasette attacchi falliti, non resta che provare la mina: si tratta di depositare un grosso quantitativo di esplosivo, sulla parte finale di una galleria scavata fin sotto le postazioni austriache. Saliamo a zig zag fiancheggiando la trincea colma di macerie, ed ecco infatti l’entrata della Galleria S. Andrea. Sono le 23.35 del 17 aprile 1916, viene chiuso il contatto elettrico. In meno di un secondo, un centinaio di uomini sono spazzati via assieme ad una parte della montagna. Come un vulcano, il Col di Lana scaraventa in aria e tutt’attorno, non lava, ma tonnellate di pietra e membra umane. Rimane ai giorni nostri un cratere ricoperto d’erba, una Chiesetta e una significativa scultura poco distante (m 2465, ore 2,15). Così l’Esercito Italiano riesce ad impossessarsi della cima, ma non andrà oltre, poiché la vicina quota del Sìef rimarrà saldamente in mano agli Austriaci. Proviamo ad andargli incontro, frustati da un vento teso quasi insopportabile. Il corrimano sembra esagerato, ma va tenuto conto la grande affluenza di persone che questi posti richiamano. Facilita comunque le cose, attraversiamo la sella divisoria in poco tempo, anche dentro le trincee ristrutturate. Ora su dall’altra parte, a sinistra del filo di cresta, fino alla Croce del Sìef e l’ennesima sosta per guardarsi intorno (m 2424, ore 3,00). Davvero esile, in questi pochi metri quadrati, dovevano muoversi e combattere i Kaiserjäger, anche bersagliati dall’artiglieria nemica.

Tempo totale salita e discesa ore 5,00.
Dislivello salita m 830 circa.


Ritorno:senza obbligo di discendere sulla Sella del Sìef, caliamo a ovest lungo la costola disseminata di trincee da ripulire. Si confluisce presto sul “Teriòl Ladìn”, intuendo anche la possibilità di tagliare prima a sinistra. Questa traccia riporta al “Panettone” per prati a mezzacosta che tagliano tutto il fianco sud-ovest della montagna, passando il “Montucolo austriaco” (m 2280) e il “Montucolo italiano” (m 2200, ore 1,00). Dal “Panettone” evitiamo il ritorno nel bosco, puntando invece l’abitato di Agai per sentiero e stradina più distensivi e quindi alla macchina. Abbiamo esaurito le munizioni, per fortuna possiamo tornare a casa (ore 2,00 dalla cima del Sìef).