PUNTA FIÁMES




Mercoledì 23/08/2011 con Fabio
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,10
ore 6,10
m. 950
Tabacco foglio 03
EEA via ferrata medio - difficile. Il rientro richiede scaltrezza e orientamento


La Punta Fiámes è fra gli ultimi spuntoni occidentali del sottogruppo del Pomagagnón e colora con la sua forma appuntita e grintosa tutta la conca di Cortina d’Ampezzo. Apparentemente verticale ed impraticabile, la parete ovest è percorsa dalla Via Ferrata “Strobel”, che si fa strada sulle molteplici cenge mugose sovrapposte una sull’altra. L’occhio dell’escursionista esperto, le individua subito durante l’avvicinamento alla parete e ne abbozza il probabile andamento e sviluppo. Percorso attrezzato tra i più famosi e battuti sulle Dolomiti, subito dedicato allo Scoiattolo Albino Michielli, caduto lo stesso anno dalla Torre Falzarego. Interprete a cavallo degli anni 60 di un’epopea alpinistica allora innovativa, che spingeva a salire le cime per vie direttissime a goccia d’acqua. Uno dei realizzatori del famoso “Spigolo degli Scoiattoli” sulla Ovest delle Lavaredo e della “Via Paolo Sesto, sul pilastro della Rozes. La Via Ferrata “Strobel” non va comunque sottovalutata: tecnicamente di medio impegno, è però inglobata in un giro ad anello che prevede mille metri di sbalzo e la successiva calata lungo l’opposto canalone, dove facili tratti ghiaiosi alternano spezzoni franosi assai scomodi e stressanti che obbligano ad un continuo controllo sugli appoggi. Detto questo, non resta che affrontarla con la giusta concentrazione e le solite precauzioni….Non saremo probabilmente soli e comunque non rimarremo delusi.

Percorso: oltre Cortina d’Ampezzo, sulla Strada 51 Alemagna che aggira il Monte Cristallo e punta la Val Pusteria, parcheggiamo sullo spiazzo adiacente l’Hotel Fiámes (non dove manovrano gli autobus, m 1295). S’attraversa la strada, trovando subito l’inizio del sentiero e le tabelle che indicano per la Ferrata Strobel. C’inseriamo presto sulla stradina che portava alla vecchia stazione ferroviaria del luogo e l’assecondiamo a destra per un centinaio di metri. Brevemente per bosco andiamo ad attraversare infatti, quella che appare come un’altra strada sterrata, in realtà vi passavano un tempo i binari del treno che collegavano Calalzo a Dobbiaco, smantellati il 17 maggio 1964. Risaliamo il pendio avvicinando una colata di sassi e paralleli guadagniamo la base delle rocce dove è attaccata la targa bronzea (m 1650). Qui viene istintivo indossare l’imbracatura, anche se ancora non si vedono le protesi metalliche della ferrata. Va seguita la cengia in leggera salita verso sud (segnavia), la ringhiera di pini mughi porta a sottovalutare il salto che aumenta fino a diventare abisso. Un centinaio di metri e finalmente agganciamo il moschettone al fil di ferro (ore 1,00). Su dritti per alcuni metri, obliquando fino ad un camino che dobbiamo affrontare con una certa tecnica. Due strappi sono tosti e ci depositano sopra una cengia che traversa a sinistra e si procede poi camminando sul macereto a piccole svolte. Segue un lungo cengione dipinto sempre di mughi, mantiene la solita inclinazione giungendo sopra un pulpito che domina Cortina d’Ampezzo. Ci troviamo su una lama impressionante e la risaliamo con fatica fino al suo punto di congiunzione con il resto della montagna. Ci attende una scala e qualche piolo per arrivare ad un vertiginoso diedro, aggirato il quale si riprende a camminare lungo l’ennesima cengia. Siamo sempre in versante occidentale e ormai a buon punto. Riprende il ferro e lo sfruttiamo ancora fino ad uscire dal percorso attrezzato. Una breve risalita del pendio pietroso, ci porta sulla Punta Fiámes (m 2240, ore 3,10 dalla macchina). Si ammira la conca di Cortina come forse da nessun’altra parte.

Tempo totale salita ore 3,10.
Dislivello salita m 950.


Ritorno: caliamo assecondando una traccia che si mantiene piuttosto alta sopra la testata della Val Pomagagnón. Staccano le direttrici per un eventuale allungo sulle creste confinanti della Punta della Croce e del Campanile Dimai. Li aggiriamo altrimenti lungo i fianchi erbosi che invogliano alla sosta e puntiamo quella larga insellatura chiamata Forcella Pomagagnón (m 2178). Un breve traverso esposto è agevolato dal cavo metallico e non va sottovalutato. Dal filo della Forcella osserviamo l’ampio canalone sprofondare tra le muraglie verticali ed esaurirsi lontanissimo, ormai sui prati del fondovalle. Iniziamo per tracce che la natura stessa ghiaiosa e l’assidua frequentazione finiscono col cancellare o rendere comunque confuse. Ci si butta allora dove sono idonee ai lunghi salti e ci divertiamo pure, perdendo centinaia di metri in pochi minuti. Ritroviamo le tracce più solide, ma vanno seguite con molta più calma ed equilibrio. La scivolata col sedere è sempre in agguato e non comporta grossi danni. La via si mantiene nel centro dell’impluvio, ma ancora conviene buttarsi sulle colate laterali, stando attenti però alla deviazione a destra, che ci riporta alla macchina. Rimanendo sul percorso s’incontrano i cartelli e non ci sono problemi, ma dentro le depressioni ghiaiose si rischia di andare oltre, allungando poi sensibilmente i tempi di rientro. La scorciatoia va a tagliare infatti, i costoni meridionali delle montagne appena salite, rientra nel bosco per poi uscirne giusto in faccia all’Hotel Fiámes. Qualche alto e basso è inevitabile, come sono inevitabili altre varie depressioni sassose da attraversare. Ad un bivio ci manteniamo alti, ma anche scendendo non ci sono problemi e passiamo l’ex stazione ferroviaria di Fiámes, in disuso da quasi cinquant’anni. Assecondiamo verso nord la stradina sterrata che ha sostituito le rotaie, fino a trovare lo sbocco del sentiero che riporta alla macchina (ore 3,00 dalla Punta Fiámes).