CRODA de CUZ




Sabato 26/02/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Carta 1/25.000 :
Dislivello salita :
Impegno :
ore 5,00
ore 8,30
m. 1700
Tabacco foglio 16
EE Buona resistenza alla fatica e senso dell’orientamento


Perarolo di Cadore ha conosciuto un periodo di grande sviluppo economico, legato al commercio di legname con la Repubblica Veneziana, padrona a quel tempo di tutto il demanio boschivo del Cadore. Posto strategicamente sulla confluenza del Torrente Boite con il Fiume Piave, nasceva allora come porto fluviale e punto di smistamento dei tronchi d’albero che qui giungevano galleggiando dai vari cantieri a monte della Regione. Proliferavano le segherie, sembra che anche il pittore Tiziano Vecellio ne possedesse un paio. Tutto andò regredendo con la posa in opera della ferrovia, che sostituì progressivamente il trasporto del legname con le zattere verso l’Arsenale di Venezia. Ma il paese mantenne tuttavia un certo prestigio ospitando la borghesia e la nobiltà dell’epoca, nei loro soggiorni estivi. Questi vecchi edifici di proprietà veneziana sono ancora in piedi e saranno presto riportati agli antichi splendori. Perarolo è stata inoltre tagliata fuori dopo la costruzione del Ponte Cadore, nonché di quattro gallerie che hanno deviato il percorso della Strada Alemagna 51, che sale verso Pieve. Perarolo sta ora crescendo e non solo demograficamente. Luogo pregno di storia, deve solo invogliare il turista a conoscerla. Un museo è nato per questo e vale la pena visitarlo. Ancora si parla di un proseguimento dell’A 27 che inevitabilmente, passando lungo il corso del Piave, scombussolerebbe ulteriormente un territorio già provato. Ben più desiderato sarebbe il rifiorire della storica linea ferroviaria Belluno-Calalzo, ora che si è migliorato il problematico tratto del Monte Zucco. Perarolo non ha comunque bisogno di questo, la sua posizione centrale e il suo distacco dalla Statale trafficata, volgerà un domani a suo favore per elevarlo a meta di vacanza. Doveroso quindi partire qui per raggiungere la Croda de Cuz, anche se è sicuramente lunga e non alla portata di tutti.

Percorso:sulla piazza del paese i parcheggi non mancano (Perarolo di Cadore m 532). Una ventina di metri oltre la chiesa, ha inizio tra le vecchie case, il sentiero che porta ai Piani di Dubiea (indicazioni). Ci alziamo subito per un viottolo affiancato da mura di sassi e passiamo il cortile di un ultimo edificio. Un’ulteriore rampa, qualche gradino e raggiungiamo la linea ferroviaria che sovrasta curiosamente i tetti del paese. Passiamo le rotaie velocemente, assicurandoci prima che non sopraggiunga uno dei pochi treni che ancora servono questa tratta. Subito uno svincolo, ignoriamo le indicazioni a sinistra per Lavara, alzandoci dritti oltre le reti di protezione e dentro il bosco (ancora indicazioni per Dubiea). A piccoli tornanti guadagniamo faticosamente quota sopra il paese, per un sentiero battuto e datato. Sfioriamo un ripiano erboso dove giacciono anche i resti di una piattaforma in calcestruzzo e deviamo lungamente a sinistra, ora con meno sforzo. Notiamo il luccichio di una croce, a pochi metri di distanza e cerchiamo di raggiungerla. Un cocuzzolo roccioso sfrontatamente a picco e proteso sopra la vallata di Perarolo, gli stessi abitanti vi hanno posto la croce in ricordo dell’alluvione del 4 novembre 1966. Da quassù ci rendiamo davvero conto di quanto sia stato sconvolto il territorio sottostante, dopo le opere d’ammodernamento sulla Strada Alemagna. Siamo attratti, poco più avanti, da un altro balcone panoramico alberato, dal quale strapiomba la parete. Ci si arriva dopo aver ripreso il sentiero, che quasi pianeggiando passa una zona di bosco assai tormentata. Nei pressi di una tetra fenditura chiamata “Bus de le Anguane”, puntiamo di nuovo a sinistra tra le piante, fino a sbucare in un prato aperto. Con prudenza ne avviciniamo il bordo per godere del panorama offerto (attenzione ad un buco sul prato e ad una fenditura che sembra premunire un futuro crollo). Di nuovo sul sentiero, passiamo un ponticello e le poche acque del Ru Carsie sbucando infine sui Piani di Dubiea (m 975, ore 1,00). Ampia radura un tempo ancor più estesa ed importante, un paio di edifici sono ristrutturati e danno colore se mai ce ne fosse bisogno. Anche qui vi è un piano che prevede il riordino dell’intera area con qualche intervento manutentivo, avviato dalla Sezione cacciatori di Perarolo, i proprietari e le varie amministrazioni interessate. Tagliamo il tutto proseguendo lungo la carrareccia malmessa, affiancata da una staccionata. Di nuovo all’ombra degl’alberi quindi, alcuni dei quali davvero notevoli per dimensioni. Un’area boschiva di tutto rispetto, fa sentire piccoli e soli. Alcuni strappi sono assai faticosi, anche per la stessa natura sassosa del tracciato. Più avanti s’adagia e diventa sopportabilmente monotona; unico tratto noioso dell’intera salita. Ignorate un paio di possibili deviazioni, appaiono finalmente i ruderi di Casera Forzèl (m 1372), sopra i quali s’intravede pure la nostra meta finale. Appena oltre, dove la strada curva (poco avanti porterebbe alla Ciasa del Conte), stacca a sinistra una pista erbosa pianeggiante, che in dieci minuti porta alla Casera de l’Acqua (m 1429). Parzialmente ristrutturata, domina da un prato fiorito tutta la vallata del Piave e le montagne che gli fanno da sponda. Si va avanti seguendo il muro di sassi e poi oltre il rigagnolo d’acqua che dà il nome alla Casera stessa. Sono luoghi meravigliosamente integri e sani. Riusciamo a vivere oggi senza dover faticare su alpeggi così alti e fuori mano e con un pizzico d’amarezza li abbandoniamo, tenendoli buoni però, ogni qualvolta sentiamo il bisogno di avvicinare la montagna. Saliamo piacevolmente incontro alla Casera de Cassàn, la traccia è buona e aiutano anche i segni rossi sui tronchi degli alberi. Alberi che stringono inesorabilmente la morsa e riconquistano i prati che l’uomo aveva faticosamente bonificato (m 1494, ore 2,20). Dalla parte opposta, riprende il sentiero. Taglia il fianco del costone successivo e va ad attraversare le poche acque del Ru Bianco. Continuiamo verso sud e cominciamo ad aggredire il pendio soprastante. Abbastanza tortuoso e in alcuni tratti assai ripido e scivoloso. C’inseriamo in una misteriosa direttrice che appare ingannevolmente più marcata e l’assecondiamo verso destra. L’orientamento è impossibile, per fortuna la traccia, anche se debole, non ci abbandona mai. Guadagniamo un omino, al centro di una selletta infossata tra gli alberi. Notiamo sulla sinistra un bollino rosso e la via inerpicarsi tra la vegetazione (continuando dritti, dall’omino, si seguirebbe una traccia che più avanti si butta in discesa). I segni rossi incoraggiano a non mollare e la Croda de Cuz appare davanti invitante. Poco alla volta i mughi sostituiscono l’alto fusto, ci troviamo sulle Buse de Cuz: un mugheto intricatissimo, che riusciamo però a passare senza troppi problemi. Senza un corridoio segnato si rivelerebbe un labirinto insidioso, per chi non conosce il posto. Si fuoriesce direttamente sulle ghiaie che calano dalla Forcella del Cavalét, un omino aiuta a ricordare il punto esatto, in fase di discesa. Si procede dove è meno faticoso, mantenendosi a sinistra della fascia di mughi. La direzione è comunque ovvia: si punta l’intaglio tra le pareti. Nel tratto finale l’occhio s’abitua ed individua i segni di passaggio, qualche scalino sul pendio erboso facilita il passo non più sciolto, finché c’investe anche l’aria del versante opposto (Forcella del Cavalét, ore 4,30). A destra, la nostra meta si mostra poco invitante. Passaggi obbligati raccolgono le tracce di chi ci ha preceduto, rendendo facile il nostro compito. Aggiriamo dunque a destra un primo ostacolo e a sinistra il successivo, insistendo poi lungo un ripido pendio erboso. Guadagniamo un pianoro cosparso di massi, che precede l’ultimo strappo alla cima. Ancora i mughi giocano a sbarrarci la strada, ma facilmente troviamo il corridoio che conduce alla piccola croce (Croda de Cuz m 2202, ore 5,00 dalla macchina). Le gambe, a questo punto, chiedono solo di scendere.

Tempo totale salita ore 5,00.
Dislivello salita m 1700.


Ritorno:Stesso percorso per la discesa.