MONTE CIVETTA




Domenica 05/08/2012 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 5,30
ore 9,00
m. 1700
Tabacco foglio 25
EEA via ferrata difficile e affollata. Escursione molto lunga e faticosa


Sono le Dolomiti che tutto il mondo conosce e c’invidia. Pareti che il tempo ha saputo scolpire e limare nei secoli e che inevitabilmente porterà al crollo un domani. Godiamo delle loro forme allora e saliamole per dove siamo capaci. Qui sono passati e continuano a passare gli eroi. Guardiamoli dal Rifugio Tissi, magari seduti in una panca con la birra in mano e con un briciolo d’invidia, consci di sapere però che dall’altra parte esiste una via di salita anche per noi comuni mortali. Un’ampia scelta di stradine e sentieri conducono alla Casera di Pioda, sia dalla parte di Alleghe, sia dalla parte di Palafavera. Chiuse al traffico col nobile intento di salvaguardare posti ormai spremuti, portano di conseguenza lavoro ai diversi impianti di risalita, anche durante la stagione calda. S’intuisce così il solito filo conduttore che regola la gestione e lo sfruttamento delle nostre zone montane. Chi sale il Civetta non può aspettare la prima corsa della seggiovia e deve scegliere così se dormire al Rifugio Coldai la notte precedente, o farsi un’ora extra di cammino fino alla Casera di Pioda, che va a sommarsi alle dieci del giro. Certo è politica difficile salvaguardare ed amministrare un patrimonio naturale, vivendo di turismo. Si è sempre costretti a sacrificare qualcosa e noi escursionisti introversi che non portiamo guadagno, avanziamo in disparte cercando vie alternative. L’avvicinamento da Casera della Grava è forse più faticoso, ma ancora integro, o comunque ai margini di una rete di servizi volti a favorire il turismo di massa.

Percorso: salendo al Passo Duràn dallo Zoldano, appena dopo l’abitato di Chiesa, deviamo all’interno della Val de la Grava. Una stradina stretta e quasi totalmente asfaltata, fiancheggia i versanti occidentali dello Spiz de Zuèl, tra la natura più sana e selvaggia, fuoriesce infine sulla conca prativa nei pressi della Casera de la Grava (m 1627, km 3,5 dallo svincolo). Benché vicino al comprensorio sciistico di Pécol, questo luogo mantiene una propria riservatezza e solitudine. Vediamo lontana la Forcella delle Sasse, in capo alla lunga colata di ghiaie che ha dato origine al toponimo del posto. Quale miglior parcheggio per la nostra auto, vicino alle acque limpide che avvallano dalle montagne circostanti. In marcia dunque, oltre il divieto di transito, lungo la stradina sassosa che prima avvicina e poi attraversa il letto di un torrente asciutto (indicazioni per Sentiero Tivàn e Forcella delle Sasse). Più avanti si fa erbosa e s’arrampica con qualche tornante alla vicina Forcella de la Grava (m 1784, ore 0,30). Abbondanti indicazioni consigliano di insistere sulla strada per un altro centinaio di metri, fino ad un casolare immerso nel bosco (località Grava m 1808). Al bivio prendiamo a sinistra per il Rifugio Vazzoler (sent. 558), inizialmente largo piega improvvisamente tra i mughi, entrando presto sulla pietraia che discende direttamente dalla Forcella delle Sasse. La risaliamo nel mezzo, seguendo gli omini, poi più facilmente ai lati, da una parte e dall’altra, sfruttando le soste frequenti per riprendere fiato e ammirare il panorama che s’allarga. Un secondo ramo di ghiaie è attraversato da una traccia che viene ad unirsi alla nostra. Noi continuiamo dritti e con fatica giusto nel mezzo dell’invaso. Solo più in alto ci spostiamo sulla sinistra, assecondando per qualche metro i segnavia che indirizzano al Bivacco Grisetti. Di nuovo verso l’alto, entriamo sul piccolo catino finale e con un breve traverso a sinistra sormontiamo il muro che precede l’arrivo sulla Forcella delle Sasse (m 2476, ore 2,15). Ci affacciamo dall’altra parte e il colpo d’occhio è davvero particolare. Brullo e affascinante allo stesso tempo, questo Van delle Sasse è quanto rimane di un antico ghiacciaio ed è anche bello immaginarlo tale. Viene chiuso nel suo finale dalle pareti davvero imponenti del Civetta, spesso avvolte dalle nubi, completano un quadro quasi Dantesco. Andiamogli incontro, lungo una traccia sulla destra che si mantiene piuttosto alta, aggirando tutta la mole corposa della Civetta Bassa. Oltre un isolotto di massi, perdiamo di vista gli omini, ma la via riprende poco avanti e prosegue sempre a ridosso delle colate detritiche. Un ultimo cono di ghiaie ci separa dall’attacco della Ferrata Tissi e pone fine alle sofferenze (ore 3,00). Sopraggiungono nel frattempo anche le comitive dalla Val Corpassa e in alta stagione è probabile la coda. Attacchiamoci al fil di ferro dunque, indossando pure il casco e badando bene a non smuovere le pietre. La via ferrata piega progressivamente a sinistra fin sotto la Cima di Tomè, ma in alcuni allunghi verticali siamo davvero bersagli esposti. Al primo tratto facile, segue un traverso libero fino alla base di un muro tosto, che superiamo grazie anche all’aiuto di un paio di staffe. Arranchiamo lungo un diedro inclinato e quasi sempre bagnato, con il ghiaccio assai insidioso. Guadagniamo un balcone dove rilassare braccia e gambe, e saliamo una placca gradinata assicurati dal cavo posto di recente. Ancora un tratto duro con scaletta, sotto lo sgocciolio continuo della parete che si fa strapiombante, se è piovuto da poco la doccia è assicurata. Attraversiamo diagonalmente un secondo diedro esposto e ancora un allungo verticale difficile. Per cenge facili ora, si fuoriesce sul catino pietroso chiamato Pian della Tenda, che accoglie un piccolo nevaio. Lo si attraversa facilmente in condizioni normali, solo in presenza di ghiaccio conviene aggirarlo sulla sinistra. In breve al Rifugio Maria Vittoria Torrani, seguendo la traccia e il filo del montacarichi (m 2984, ore 4,45 circa, dipende dal caos in ferrata). Davvero utile questo sito, niente fronzoli a cinque stelle, ma una minestra sul piatto e un tetto sopra la testa, ormai a pochi passi dalla cima del Civetta. Sulla destra infatti, ha inizio la via per la vetta. Ancora il ferro aiuta per i primi cento metri, a superare quei gradoni che proteggono lo stesso Rifugio dalle eventuali cadute di sassi. Il pendio soprastante si rivela come un accumulo di macerie instabili e friabili. La traccia piega sensibilmente a sinistra, poi effimera dilaga in più direzioni che convogliano verso lo stesso obiettivo finale. Bolli rossi e omini diventano indispensabili quando siamo invece avvolti dalle nuvole e procediamo dubbiosi verso l’alto. Qualche scalino impone anche l’uso delle mani (1°inf.), ma è la fatica soprattutto a farsi sentire dopo cinque ore di progressione e la croce che vediamo spuntare pone finalmente fine ad una grande ascesa dolomitica (Monte Civetta m 3220, ore 5,30 dalla macchina).

Tempo totale salita ore 5,30.
Dislivello salita m 1700 circa.


Ritorno:caliamo al Rifugio Torrani e al bivio seguente, nei pressi della piazzola per l’elicottero. Seguiamo a sinistra le indicazioni “Via normale”, abbassandoci progressivamente lungo il tavolato pietroso. Un gradino facile impegna sul 1° e avvicina i nevai che evitiamo franando per alcuni metri lungo la linea di minor pendenza. Arriviamo inevitabilmente dove la parete precipita e dopo una breve serie di cenge, troviamo il fil di ferro. Conviene indossare l’imbragatura, perché seppur facili, questi tratti ferrati ci accompagnano fino alla base della montagna. Alternano divertenti passaggi sulle rocce appigliate, a cenge anche esposte che portano verso il centro del formidabile canalone. Non sottovalutiamo la lunga discesa ed evitiamo sempre di smuovere le pietre, sicuramente sotto di noi ci sono altri escursionisti che non hanno la possibilità di ripararsi. I bolli rossi e gli omini guidano sugli spostamenti laterali, poi ci attacchiamo con il moschettone al cavo abbassandoci oltre gli sbalzi più impegnativi. La parete sembra non finire mai. In ultima si addolcisce, camminiamo sulle macerie e percorriamo l’ultimo ostico traverso chiamato “Passo del Tenente”. Assecondiamo la traccia che s’abbassa perlopiù a destra e s’infila tra i mughi. Con un andamento contorto, mantiene comunque la direzione giusta verso la Val Grava. Evitiamo una diramazione che risale verso Forcella delle Sasse e giungiamo al bivio in località Grava a m 1808. A ritroso ripercorriamo quei pochi metri alla Forcella della Grava e alla nostra macchina (ore 3,30 dalla cima).