MONTE AIARNOLA

Domenica 26 /06/2011 da solo
Tempo salita :
Percorso intero :
Dislivello salita :
Carta 1/25.000 :
Impegno :
ore 3,30
ore 6,30
m. 1000
Tabacco foglio 17
EE 1° prudenza nella discesa del canalone


Montagne di sfasciumi. La roccia che si sgretola sotto i piedi, ha contribuito non poco a tener distante il variopinto universo degli escursionisti. Una selezione naturale, su queste cime si spingono coloro che sanno muoversi agevolmente su ogni terreno. Subiscono anch’essi il disagio di lunghi e massacranti avvicinamenti, ma sono preparati a farlo. Conoscono la sofferenza, il rischio in alcuni casi. Quando una scritta mette in guardia sulla pericolosità di un canalone impervio, il loro stesso ego li porta a provare e là dove la traccia frana, la solita terribile decisione se proseguire o risalire alla forcella. Un modo di affrontare la montagna che suscita giuste polemiche, anche se in cuor mio li capisco e m’immedesimo. Se è vero che queste persone, con il loro escursionismo “avanzato”, mettono a rischio la loro incolumità e l’incolumità di chi li viene poi eventualmente a soccorrere, è altrettanto vero che sono le persone più contrarie ai comprensori sciistici e ad una qualsiasi manipolazione turistica della montagna veneta. Comunque sia, l’Aiarnola è la più meridionale e forse la più facile di tutto il sottogruppo del Popera. Il raggiungimento della sua vetta, pur non elevatissima, regala una visione quasi completa del Comelico. Un invito all’evoluzione, pensiamoci.

Percorso: giusto in cima al Passo del Zovo o di San Antonio, l’antica via di collegamento del Cadore con il Comelico, ha inizio il sentiero che porta alla conquista del Monte Aiarnola (si lascia la macchina in uno spiazzo sterrato, al fianco di una cabina elettrica, m 1476, circa nove chilometri da Auronzo). Sul lato opposto parte una stradina bianca chiusa al traffico, che va ad affrontare i primi collinotti boscosi. Passiamo dei fienili e tiriamo dritto al bivio per “Rin Basso” a m 1527. La nostra meta si mostra di là da una depressione, che va aggirata sulla destra. Attraversiamo prati arieggiati che ospitano ancora fienili ristrutturati e giungiamo presto ad un secondo bivio per “Pra della Monte” (Indicazioni per il Monte Aiarnola, sentiero 153). Lo assecondiamo a sinistra, piacevolmente, costeggiamo il versante occidentale del Monte Zovo (non quello più conosciuto del Comelico), oltrepassando un paio di ruderi. Nei pressi di un ultimo piccolo edificio di legno, termina la stradina erbosa, il sentiero che continua è comunque molto battuto e segnalato. Maciniamo chilometri su per un costone di mughi e rododendri e con diversi tornanti guadagniamo il bel ripiano superiore. Allungando poi verso est, ci fermiamo nei pressi di alcuni massi bianchi e un crocicchio che indica la via per la cima (m 1897, ore 1,15). Viene anche a congiungersi il sentiero che proviene dall’anfiteatro settentrionale della montagna, chiamato “Giao Caneva”, per chi vuole discendere poi lungo un percorso alternativo. Su in ripida diagonale dunque, un tratto davvero faticoso, ma che regala vedute incoraggianti. Siamo sotto lo sperone principale del monte, si nota la fetta di roccia più chiara, venuta alla luce dopo un recente crollo. Arriviamo sul margine di un canalone sassoso, ci alziamo paralleli fino a quando riusciamo ad attraversarlo. Oltre, ci attende un bel pulpito panoramico che esige la sosta. Siamo quasi alla base delle rocce e continuiamo ad aggirarle sulla sinistra (sud), con magica vista sul Lago di Auronzo. Tagliamo orizzontalmente il pendio molto ripido (attenzione se l’erba è bagnata), oltrepassando un paio di colate ghiaiose. Qui viene a collegarsi il sentiero che sale da Auronzo ed evidenzia un chiaro errore delle carte topografiche. Avanziamo ancora fino ad incrociare un terzo colatoio, che si mostra accessibile e che dobbiamo rimontare interamente e faticosamente fino ad una sella. Prima su gradini erbosi, poi direttamente sulle ghiaie franose (piuttosto a destra), ne arriviamo a capo e tiriamo un grosso sospiro di sollievo. Sulla cornice rocciosa, alla nostra sinistra, è stata piantata una croce che sporge paurosamente sopra la Val d’Ansiei (ore 2,45). La traccia prosegue aggirando le rupi e le affianca poi fino al raggiungimento di una seconda e più alta sella, ancor più panoramica. Avviciniamo i primi salti, che evitiamo sulla destra, trovandoci a dover risalire una stretta ed angusta spaccatura sulla parete. Sono cinque metri che richiedono una certa attenzione, perché gli appoggi si sgretolano sotto i piedi. Tuttavia riusciamo ad attaccarci con le mani e l’esposizione non è eccessiva (1°). Superato questo punto chiave, non ci saranno altri brutti incontri fino alla croce di vetta. Siamo in cresta e dall’omino dove ci troviamo, le andiamo incontro abbassandoci ad un intaglio e risalendo finalmente gli sfasciumi finali (m 2456, ore 3,30 dalla macchina).

Tempo totale salita ore 3,30.
Dislivello salita m 1000.


Ritorno: stesso itinerario fatto in salita, in poco più di due ore. Ai più scaltri però, la possibilità di un ritorno lungo il canalone che, dalla Forcella Val da Rin, deposita sul fondo del “Giao Caneva”, raccordando poi sul sentiero 153 che riporta alla macchina. Sono richiesti fermezza di piede e una certa delicatezza sui movimenti (1°), per non franare a valle assieme al materiale smosso. Dalla grossa croce metallica, seguiamo dunque la traccia che porta alla Forcella. Contrariamente a quanto si pensa in un primo momento, non è quella sotto di noi, ma richiede anzi un avvicinamento tra le rocce, non proprio immediato e banale. Ci si abbassa sul catino sottostante, aggirando a nord un grosso spuntone che ci sbarra la strada. Riguadagniamo la cresta lungo uno scivolo di detriti e ne assecondiamo il tortuoso prosieguo. A piccoli scalini e passaggi rasenti (1°), convogliamo sulla panoramica Forcella Val da Rin, un cartello consiglia la discesa agli esperti (ore 0,25 dalla croce). I bolli rossi guidano giù, dove sono meno problematici i passaggi (sentiero 125). Stiamo attenti anche a non colpire con le pietre lo sfortunato che ci precede. La neve resiste fino alla stagione calda e molte volte si dimostra un aiuto in questo genere di discese. Conviene tuttavia non avere fretta, sono centocinquanta metri che ci depositano poi sul grande anfiteatro che guarda l’abitato di Pàdola. Qui sui ghiaioni diventa pure divertente, basta non perdere di vista i segnavia, che ad un certo punto piegano a destra. Dove le ghiaie lasciano posto all’erba, incrociamo il nostro sentiero 153 (ore 1,10). Grandiosa la veduta sul “Giao Caneva”, quasi dispiace discostarsene, dovendolo salire, certo la penseremmo in modo diverso. Passiamo ai piedi di alcuni pinnacoli, una rampa e tutto il versante orientale del Monte Aiarnola. Cambiano gli scorci e le prospettive. Risaliamo ancora un breve pendio fiorito, superato il quale, riconosciamo i massi bianchi dove stacca la via per la cima, la stessa che abbiamo seguito all’andata (ore 1,50). Ancora un’oretta di cammino e siamo al Passo di San Antonio e alla macchina (ore 3,00).